IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale a carico di: 1) Abazoski Alit, nato a Kikevo (Macedonia) il 12 novembre 1977; 2) Caca Ermir, nato a Kavaje (Albania) l'11 gennaio 1971; Imputati: il primo, del delitto di cui agli artt. 3, nn. 8 e 4, legge n. 75/1958, perche' dal luglio 2000 sfruttava e favoriva la prostituzione di Krasmirova Svetozara, sua convivente, agendo con violenza e minaccia consistente nell'obbligarla a prostituirsi anche con violenza fisica e nell'accompagnarla tutte le sere in via Salaria, altezza Motorizzazione civile, a mezzo di un'autovettura Audi 80 di colore nero, sottraendole il denaro provento del meretricio (lire 800/900.000 a sera); entrambi del delitto di cui agli artt. 110 cp, 3, n. 8, legge n. 75/1958, perche', in concorso tra loro, favorivano la prostituzione di Afanasyeva Lilija, giunta in Italia alla fine di giugno 2000, prima offrendole "protezione", quindi portandola a vivere in un'abitazione di Torlupara, ove si trovava anche la suindicata Krasmirova, ed inoltre accompagnandola in via Salaria, ove si prostituiva anche la Krasmirova, tutte le sere dalle ore 21 alle ore 3, indi sfruttavano la di lei prostituzione trattenendone i proventi ammontanti a lire 300.000/1.000.000 al giorno, prima l'Abazoski e successivamente il Caca, nella cui abitazione di via Bologna in Mentana la stessa era stata obbligata a convivere. Acc. in Roma il 23 agosto 2000 dalle ore 14 alle 17. Premesso che Nel corso dell'istruttoria dibattimentale non e' stato possibile acquisire la indispensabile testimonianza della Afanasyeva Lilija, rientrata nel frattempo nel paese di origine (Ucraina) in localita' ed indirizzo non risultanti dagli atti. Si rendeva, pertanto, necessario esaminare gli ufficiali di P.G. operanti sugli elementi raccolti nel corso delle indagini coinvolgenti la predetta Afanasyeva ed a tal fine non appariva potersi prescindere da chiarimenti in ordine a quanto raccolto nel p.v. di denuncia, datato 23 agosto 2000, dal m.llo CC Maurizio Oganoff e dal brig. CC Benedetto Sbriglia. Cio' al fine di valutare compiutamente la condotta ascrivibile ai prevenuti, in particolare attraverso una verifica dell'effettivo contenuto delle dichiarazioni rese dalla denunciante circa le modalita' dei fatti. Tale esigenza, nel caso di specie, e' risultata particolarmente pressante, stanti le condizioni della denunciante medesima, straniera, non bene a conoscenza della lingua italiana ed esaminata con l'ausilio di un'interprete la cui perizia il Collegio non poteva valutare. La necessita' di procedere in tal senso all'esame degli operanti risulta ostacolata dal divieto imposto dall'art. 195, comma 4, c.p.p. nella formulazione da ultimo introdotta con la legge n. 63/2001. Questo divieto appare al collegio imposto irragionevolmente, poiche' da' luogo ad una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla generale disciplina della testimonianza de relato, di cui all'art. 195 c.p.p., determinata dalla condizione soggettiva dell'appartenenza del teste alla P.G. Tale circostanza impone di ritenere non manifestamente infondata l'ipotesi di incostituzionalita' della norma sopra richiamata per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta costituzionale. Va, d'altra parte, considerato che il sistema normativo in tema di testimonianza indiretta, quale risulta dalla innovazione introdotta con la legge n. 63/2001, impedendo l'acquisizione di elementi di prova idonei a contribuire all'accertamento dell'effettivo svolgersi dei fatti e delle condotte penalmente rilevanti, finisce per intaccare lo stesso diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost. Ritenuto che Risulti rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195,quarto comma, c.p.p., con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;